La chiesa di San Giovanni in Zoccoli a Viterbo
Così ci descrive la chiesa di
San Giovanni in Zoccoli lo storico viterbese Cesare Pinzi alla fine del XIX
secolo: nessuno meglio di lui
riesce a restituirci l’anima di questa città nascosta nelle sue pietre
millenarie. Pinzi ci fornisce una testimonianza importante per ricostruire la
storia e l’immagine di questo edificio, martoriato anch’esso, insieme a
moltissimi altri, dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e dalle
insidie del tempo.
La chiesa, datata tra la fine
dell’XI e l’inizio del XII secolo, è situata in uno dei quartieri più antichi
della città, quello di Santa Maria in Poggio, oggi attraversato da via Mazzini:
qui vi abitò anche Santa Rosa e qui avvennero i suoi primi miracoli. Rimane
leggermente fuori dal circuito turistico abituale, ma se si dispone di
abbastanza tempo consiglio vivamente di fare una passeggiata anche in questa
parte della città, che regala scorci di magico sapore antico. La facciata è
suggestivamente preceduta da due archi paralleli a sesto ribassato che
scavalcano la via e vanno ad appoggiarsi alla casa prospiciente l’edificio: un
espediente statico per bilanciare le spinte degli archi delle navate. Essi
inquadrano anche lo splendido rosone romanico, formato da tre cerchi
concentrici ornati da colonnine marmoree ed archetti in peperino, che ricorda
molto quelli delle chiese di San Pietro e Santa Maria Maggiore a Tuscania. Agli
angoli del rosone troviamo il tetramorfo con i simboli dei quattro evangelisti
e tutt’intorno una cornice a decorazione musiva. Ai lati due aquile connotano
l’intitolazione della chiesa a San Giovanni Evangelista. Il resto della
facciata, così come tutta la struttura, ha subito numerosi restauri nel corso
dei secoli, in particolare nell’Ottocento ad opera di Giovan Battista
Cavalcaselle, che ha ricostruito il fregio del portale sulla base di un
frammento originale. Il rifacimento più consistente è stato quello postbellico,
mentre l’ultimo intervento di restauro, conclusosi nel 2013, è stato affiancato
da indagini archeologiche che hanno fornito dati interessanti riguardo la
storia dell’edificio nelle sue prime fasi.
L’interno basilicale a tre
navate, scandite da una teoria di archi a tutto sesto e con copertura a
capriate in legno, termina con tre absidi emergenti e il presbiterio leggermente
rialzato. L’opera più importante è un pregevole polittico datato 1441
realizzato da uno dei più importanti protagonisti della pittura viterbese:
Francesco d’Antonio Zacchi, detto il Balletta.
Se siete arrivati a leggere
fin qui, vi starete probabilmente ancora chiedendo “ma che c’entrano gli
zoccoli nell’intitolazione della chiesa?”. Ebbene, mi duole rivelarvi che l’origine
del nome rimane incerta, ma l’ipotesi più attendibile è quella che vende nel
termine “zoccoli” una corruzione del volgare “ciocole”, derivante da “ciotole”,
in riferimento ai manufatti smaltati che decoravano anticamente la lunetta del
portale principale dell’edificio, oggi perduti.
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