Il sito archeologico di Ferento
Ognuno di noi ha dei luoghi
“speciali”, paesaggi di cui la nostra anima si impregna e che per sempre vi rimangono… Uno di questi per me è Ferento e già mi tremano le mani
dall’emozione nello scrivere. Vi ho scavato per diversi anni, ai tempi
dell’università e, per un archeologo,
quando si affondano le mani nella terra di un sito per indagarne le
radici, si crea un legame così forte che né gli anni né drastiche separazioni
potranno mai dissolvere…
Smessi i panni dell’archeologa,
ora torno a Ferento in qualità di guida turistica, perché finalmente il sito
riapre al pubblico dopo anni. L’iniziativa è del Dipartimento di Scienze dei
Beni Culturali dell’Università della Tuscia in accordo con il Comune di Viterbo
e la Soprintendenza dei Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale e prevede la
fruizione regolare del sito ogni terza domenica del mese con visite guidate condotte
dagli archeologi dell’Università.
All’arrivo, i profumi della
natura circostante mi riportano al passato, i resti dei sepolcri di epoca
romana mi accolgono quasi a volermi dire “bentornata”, il verde dei prati, gli
animali al pascolo…
L’incontro con vecchi colleghi
di università e con la Prof.ssa Elisabetta De Minicis, docente di Archeologia
Medievale all’Università della Tuscia e attualmente alla direzione degli scavi, mi fanno sentire come quando si ritorna
a casa dopo un lungo viaggio… sono loro a portare avanti il progetto ed il
sogno della nostra amata Prof.ssa Gabriella Maetzke, che ricordiamo sempre
con affetto e riconoscenza.
La vista del teatro mi fa
ripercorrere tutta la storia degli scavi che hanno permesso di riportare alla
luce ciò che oggi possiamo ammirare. Sebbene, infatti, l’interesse al sito di
Ferento inizi a partire dal rinascimento con i primi “scassi” e sondaggi
limitati per lo più all’area del teatro, unico edificio monumentale emergente
della città romana, è solo nell’Ottocento che comincia un’attività di “scavo”
(che nulla ha a che vedere con il moderno scavo stratigrafico); delle campagne
sistematiche si avranno solo a partire dai primi del Novecento con Luigi Rossi
Danielli: è in questo periodo che viene riportata alla luce gran parte delle
aree ancora oggi fruibili al pubblico. Negli anni Cinquanta si ebbe un
consistente intervento di sterro promosso dal Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale e nel 1966 una campagna di scavo venne condotta dall’Istituto
Svedese di Studi Classici di Roma con la presenza ed il patrocinio del re
Gustavo VI Adolfo di Svezia. Ma bisogna arrivare al 1994 quando il Dipartimento
di Scienze del Mondo Antico della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali
dell’Università della Tuscia, sotto la direzione della Prof.ssa Gabriella
Maetzke, inizia la sua attività di ricerca scientifica sul sito di Ferento, che
diventa una “palestra” per centinaia e centinaia di studenti aspiranti
archeologi… tra cui anche la sottoscritta, che per diversi anni ha avuto la fortuna
di venire a contatto con questa terra antica e preziosa, indagandone strati e
studiando i suoi reperti…
Ma iniziamo subito la visita! Il
teatro ci abbraccia con il suo profilo di arcate e ci sistemiamo sui gradini
della cavea ad ascoltare la storia di questo luogo affascinante. È difficilissimo
per me riassumere in poche righe le conoscenze acquisite in anni di studio,
quindi mi limiterò a qualche cenno su quello che oggi possiamo ammirare.
Ferento sorge sulla collina di
Pianicara, su cui si stanziarono le popolazioni etrusche sfuggite alla
distruzione dell’abitato che sorgeva sulla prospiciente collina di S. Francesco-Acquarossa.
Tuttavia le fonti scritte menzionano per la prima volta la città di Ferento solo
a partire dal II secolo a.C., ed è proprio nell’epoca romana che la città
diviene un centro fiorente che tocca il culmine della sua prosperità in età
giulio-claudia, a cui appartiene la maggior parte delle strutture che oggi
possiamo ammirare, come il teatro e le terme. Oggi questi edifici si presentano segnati dal tempo e da restauri
inclementi, ma trasmettono ancora quel fascino che dovette colpire anche i
viaggiatori del passato, soprattutto stranieri, che venivano in Italia per il
loro Grand Tour e di cui ci rimangono testimonianze e descrizioni. Sappiamo che
a Ferento, come nei principali centri di epoca romana, vi era anche un foro, di
cui non abbiamo però alcuna traccia archeologica, così come vi era l’anfiteatro
la cui sagoma ellissoidale possiamo ancora scorgere dalle fotografie aeree, ma
che ancora non è stato possibile indagare sistematicamente. Accanto al teatro
sorgeva anche un’importante domus ad atrio di epoca repubblicana e in cui ho avuto
il piacere di scavare per tanti anni e che spero verrà presto resa visitabile.
Il teatro, che ha subito
diversi rimaneggiamenti e restauri nel corso dei secoli, è ancora oggi
palcoscenico per la stagione teatrale estiva, mentre le terme conservano
importanti tracce di tecniche murarie romane e per questo vengono scelte per le prime esperienze di rilievo archeologico
per gli studenti dell’Università. Ferento romana dette i natali anche a
personaggi illustri, come l’imperatore Otone e la moglie di Vespasiano, Flavia
Domitilla.
I nostri piedi infine
percorrono anche l’antico decumano massimo, tratto urbano dell’antica via Ferentiensis, che attraversava la
città con orientamento est-ovest e su cui è possibile scorgere i solchi dei
carri che l’hanno percorsa in passato.
È da qui che scorgiamo le tracce
della Ferento alto medievale con il tratto di mura bizantine che testimonia il restringimento
dell’area abitata, sintomo della forte crisi determinata dal conflitto
greco-gotico. Sebbene sia stato privato della sede vescovile (attestata dal V
fino al VII secolo), il sito rimane rilevante anche per la sua posizione
strategica sul confine longobardo-bizantino e l’insediamento vede una forte
crescita economica a demografica che porta inevitabilmente allo scontro con il
vicino e potente Comune di Viterbo, che lo distruggerà completamente nel 1172.
In programma, per la primavera
2014, l’apertura anche delle aree di scavo che potranno farci conoscere meglio
la Ferento medievale, così ricca e potente da attirare su di essa le invidie
dei Viterbesi….
Al termine della visita, consiglio di recarsi al Museo Archeologico Nazionale di
Viterbo presso la Rocca Albornoz, dove sono custoditi i reperti più importanti,
come il ciclo delle Muse provenienti dal frontescena del teatro e il Pothos.
Per approfondire: Scavi di Ferento
Il sito è aperto ogni terza domenica del mese; per info e visite guidate al di fuori del programma di apertura contattate me oppure i seguenti recapiti (per la prenotazione è necessario un preavviso di almeno 48 ore):
349.3106863 oppure 348. 1693333, mail: visitaferento@gmail.com
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