Il trasporto della Macchina di Santa Rosa

Da qualche giorno si sta mettendo in piedi l’impalcatura che servirà, come ogni anno, alla costruzione della Macchina di Santa Rosa. E’ consuetudine ormai per i cittadini iniziare a sentire quella trepidazione che li accompagnerà fino alla sera del 3 settembre; è stupore per i turisti che circolano questi giorni in città e che transitano da Porta Romana, trovarsi davanti uno scheletro metallico così imponente, si chiedono a cosa possa servire questa strana costruzione… e c’è sempre qualcuno nei pressi che fieramente li illumina: “Da qui parte la Macchina di Santa Rosa!”.
La statua di S. Rosa in cima a "Fiore del Cielo" 2009
Il “campanile che cammina” – come la definì lo scrittore Orio Vergani – è una costruzione di quasi 30 metri di altezza (secondo il capitolato deve essere «alta 28 metri sopra la spalla dei facchini») e del peso di circa 5 tonnellate, portata a spalla dai Facchini per un percorso di quasi 1200 m, che parte dalla Chiesa di S. Sisto (dove i Facchini ricevono dal Vescovo la benedizione in articulo mortis, visto che essi vengono esposti ad un considerevole pericolo) e termina al Santuario di S. Rosa: lungo questo tragitto tutte le luci, sia pubbliche che private, vengono spente, creando un buio profondo al quale solo la Macchina darà luce.
Il Trasporto della Macchina è in assoluto il momento più suggestivo ed importante della vita cittadina, in cui si concentrano fede, folklore, senso civico, sentimento di appartenenza, meraviglia e quanti più sentimenti ed emozioni si possano provare alla vista di uno spettacolo così grande.
Trasporto 2008 - "Ali di Luce"
Cinque sono le tappe attraverso cui si snoda il percorso: dopo la “mossa” a Piazza S. Sisto, i Facchini sostano a Piazza Fontana Grande, scendono per via Cavour fino a Piazza del Plebiscito (Piazza del Comune per i Viterbesi), dove effettuano la “girata”: la macchina compie un giro su se stessa di 360° in onore dei Facchini defunti ed ogni Facchino dedica questo momento ai propri cari che hanno bisogno di una "grazia"; la tappa successiva è in Piazza delle Erbe; si prosegue per Corso Italia fino alla Chiesa del Suffragio; l’ultima tappa è in Piazza Verdi (Piazza del Teatro per i Viterbesi) prima della faticosissima salita finale al Santuario, che i Facchini percorrono di corsa e dove trovano ad abbracciarli i loro familiari.
La tradizione del trasporto, come ricordato nei post precedenti, affonda le sue radici già nel XIII secolo, in ricordo della traslazione del corpo della Santa dal cimitero della Chiesa di S. Maria in Poggio alla Chiesa di S. Damiano (1258): non sappiamo secondo quale modalità l’evento si svolgesse anticamente, ma possiamo a buon ragione ipotizzare che venisse portata in processione una statua o un’immagine della Santa. Vi è testimonianaza che nel 1664 il popolo volle ringraziare S. Rosa, ritenuta artefice della cessazione di una violenta pestilenza, portando in processione un baldacchino: fu da questo momento in poi che si introdusse il termine "Macchina" per designare la struttura che si muove grazie alla forza dell'uomo. Nel corso dei secoli questi baldacchini (il più antico disegno pervenutoci, risalente al 1690, è conservato al Museo Civico di Viterbo) hanno assunto sempre più verticalizzazione, raggiungendo le dimensioni attuali.
I primi modelli di macchina documentati richiamano forme gotiche con guglie e pinnacoli, ma nel 1967 “Volo d’Angeli”, disegnata da Giuseppe Zucchi, rompe con la tradizione, dando il via ad un nuovo modo di concepire la Macchina, molto più moderno ed avveniristico: le forme richiamano edifici e particolari dell’architettura cittadina, maggiore è lo slancio verso l’alto e si raffinano le tecniche di illuminazione, in cui le luci elettriche vanno parzialmente a sostituire quelle a fiamma viva. Anche i materiali si rinnovano: al legno, al ferro ed alla cartapesta si affiancano acciaio, vetroresina e altri materiali innovativi. Anche la Macchina quindi fa uso della tecnologia, come nell’ultimo modello “Fiore del Cielo”, che getta sulla folla un turbinìo di petali di rose. Un elemento che accomuna le Macchine di tutti i secoli finora documentate è la presenza della statua della Santa in cima alla costruzione.
Ogni modello deve restare in uso per un minimo di cinque anni; scaduto questo termine e le sue eventuali proroghe, viene indetto un nuovo concorso per ideatori, al fine di scegliere il nuovo modello, e successivamente viene fatta una gara d’appalto per assegnarne la costruzione ad una ditta specializzata.
Ogni anno la Macchina viene montata ex novo e smontata dopo aver stazionato per una settimana difronte al Santuario, continuando così a meravigliare fedeli, cittadini, turisti, curiosi ancora per qualche giorno…
Nel dicembre 2013, alla Rete della grandi Macchine processionali a spalla italiane (che, oltre alla macchina di Santa Rosa, comprende anche i Gigli di Nola, la Varia di Palmi e i Candelieri di Sassari) è stato conferito il titolo UNESCO di Patrimonio culturale immateriale dell'Umanità.
Fiore del Cielo - Trasporto 2010
Fiore del cielo di giorno (2013)

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